Condominio 78 di Alessio Masciulli

Per chi scrive un libro è come posto in cui gettare tutte le proprie emozioni, dove scaricare paure, rabbia, indignazione ma anche passione, gioia, gratitudine, speranza e coraggio. Chi scrive sa che questa passione è un’esigenza come mangiare e respirare e soprattutto è la via di salvezza. Scrivere permette di superare i momenti brutti, di essere sollevati dal macigno delle emozioni peggiori, di abbracciare le sensazioni più belle e indescrivibili.

Tenersi dentro tutto non fa stare meglio, tanto vale svuotarsi e farlo scrivendo è uno dei modi migliori.

Questo è scrivere per me. Questo è scrivere anche per Alessio Masciulli e nel suo ultimo romanzo Condomino 78 (Masciulli Edizioni) si mette a nudo, si racconta e si mostra senza filtri. L’autore abruzzese può vantare già una grande spontaneità e schiettezza d’animo, ma in questo romanzo esprime ancor più tutti i suoi pensieri.

I pensieri vengono letti attraverso brevi racconti, momenti vissuti da lui, incontri fatti, storie di altri uomini e donne, passando per i pilastri della sua vita, i genitori, gli amici d’infanzia, la nonna fino al racconto attraverso i luoghi, i ricordi e i sogni.

Lo stile è leggero, quasi colloquiale come fossimo davvero a berci qualcosa in compagnia di un amico e le chiacchiere toccano argomenti diversi. Il punto di forza di Condominio 78 è questo: essere un libro vivo, un libro fatto di persone, i protagonisti di cui si parla ma in primis del lettore e dell’autore. Avete capito bene, ogni lettore diventa protagonista perché interlocutore dell’autore che si percepirete come compagno di confidenze e non potrete nella vostra testa fare a meno di dire la vostra, di rispondere e commentare.

Scrittura come un luogo dicevo e non è un caso che il titolo faccia riferimento a un condominio. Un condominio in cui in ogni appartamento c’è qualcuno che custodisce e vive la sua storia. Il 1978 è l’anno di nascita di Alessio e dunque, l’autore che si racconta e osserva e nel farlo si fa portavoce non solo dei suoi pensieri e emozioni ma anche di quelli di altri. In Condominio 78 ho trovato Alessio ancora più sincero, più arrabbiato, ma anche fiero, sofferente ma anche gioioso, dispiaciuto per ciò che non è stato e pieno di positività grazie a ciò che ha realizzato e verso nuovi sogni.

In un condominio le famiglie si amano, litigano, si sostengono, si ignorano, c’è il bello e il brutto della quotidianità, c’è la vita vera. Ecco perché in questo libro lo stesso autore racconta la vita vera, episodi che fanno sorridere e scaldano il cuore ed altri che fanno dispiacere o rabbrividire, il tutto nella riconoscenza verso il miracolo che è l’esistenza.

 

Ovunque andrai di Filomena Grasso

“Secondo Miriam la parola odio non era da considerare una brutta parola. Il sentimento dell’odio era solo il risvolto della medaglia di troppo amore. Si odia perché si è amato troppo”.

Avendo io scritto il noir “Oltre gli occhi” in cui tutto si muove sui binari dell’amore e dell’odio, non potevo cogliere in modo particolare questa citazione nel libro “Ovunque andrai” di Filomena Grasso. E sì, perché l’amore e l’odio sono due facce della vita, di ognuno di noi e di tutti i rapporti.

L’amore e l’odio sono come le spinte della paura e del coraggio, sono forze concentrate in “Ovunque andrai” nel personaggio di Miriam, la protagonista della storia narrata che da un giorno all’altro scopre una parte della sua esistenza che gli è sempre stata celata: chi è davvero, dove è nata, chi sono le persone che ha vicino e chi erano quelle che non ci sono più… il tutto racchiuso in luoghi di un passato in cui andare a cercare la verità.                         La verità. Miriam vuole sapere, deve sapere. Quando i pezzi del puzzle della propria vita vengono scomposti da una folata di vento apparentemente casuale e che mette tutto sottosopra, si finisce solo per desiderare di conoscere e dare risposte ai tanti perché che si generano. Il caso poi, direi anche alla luce di questa storia, non esiste o meglio agisce indicare alla vita la strada da prendere, quella che possa ricondurci a noi stessi. Per Miriam infatti, la nuova sconvolgente scoperta si rivelerà l’occasione di essere ciò che sente davvero.

Intorno a lei ruotano diversi personaggi ai quali offre la parte la parte più vera di sé ma anche una maschera legata al suo segreto. Miriam custodisce a sua volta un segreto infatti, ma esso troverà una spiegazione proprio nella vicenda che si trova a dover gestire.                 Tra le ambientazioni della città di Capalbio, in Toscana, personaggi caratterizzati da un linguaggio con l’accento del posto ed ognuno con una personalità ben delineata dall’autrice, momenti legati alla passione per i dolci che accomuna Miriam e Filomena e poi, le pagine di un diario da scoprire, si snodano le intense giornate della protagonista. Giorni nei quali dimostra tutte le sue paure, dubbi e risentimenti insieme al suo coraggio, a speranze e all’amore.                                                                                                                                       L’amore che come dono va custodito e va riconosciuto prima di tutto.

“Quando vedi con il cuore, un miracolo lo riconosci” Credo che Filomena Grasso, con la sua penna intensa, empatica e libera desideri proprio invitare tutti a usare il cuore più degli occhi per riconoscere il valore di quello ogni giornata e di ogni persona che incrocia il nostro viaggio di vita.

La chiave della vita di Moira di Fabrizio

Ankh cosa significa? È un segno che simboleggia la vita, l’immortalità e auspica la vita eterna. Ha la forma di una chiave che costituisce il ciondolo della collana che Julienne riceve in dono dall’uomo che ama. Julienne è una giovane archeologa, protagonista di Ankh il libro del 2014 della scrittrice abruzzese Moira di Fabrizio.

Intorno a Ankh ruota la vicenda narrata tra viaggi di lavoro, ricerche nell’affascinante terra d’Egitto e un amore forte ma tenuto lontano che muovono i fili della vita della protagonista.

Moira con un’attenzione ai particolari, leggerezza e fascinazione riesce a far entrare il lettore nhel cuore della donna protagonista nata dalla sua penna ma anche nelle sensazioni del personaggio maschile che le pone accanto. Moira riesce a “sentirli” e a creare empatia con loro.

Sono personaggi vivi, appassionati e stretti dalle paure e ambizioni umane. Sono personaggi in tensione tra ciò che desiderano e ciò che credono di volere, tra un’energia da spendere per il loro lavoro e quella da regalare a chi amano, tra il presente nel quale si adoperano per essere ciò che credono e il futuro in cui saranno chi sono destinati a essere.

A dare un tocco in più per il coinvolgimento emozionale la scelta delle ambientazioni: Parigi e gli scavi in Egitto. Due mondi diversi ma entrambi luoghi eterni e pieni di fascino, calamite per chi vi vive nella realtà o leggendo un libro come questo. E se questi posti sono eterni lo siamo anche noi.

Credo che questo sia il messaggio che l’autrice voglia dare al lettore. Ankh è la vita e la vita non ha limiti. Si è presenti sempre, anche oltre se stessi.

Il libro si chiude con un finale che porta con sé una grande verità, un insegnamento a non rinviare nulla, a cogliere a pieno ogni momento della nostra vita.

“Una collana scende sul mio petto, oro il suo colore… Porta con sé la sua storia, che è anche la mia, mi sento più vicina… Ho quasi la sensazione di poterti toccare… Anche se mi scivoli tra le dita, come seta, so per certo che sei qui, vicino a me, per sempre!”

Comunicazione Guinness: Tra tucani, pinte e allusioni hot fino all’orologio 2013

Era il 1979 quando  Arthur Guinness fondò a Dublino una fabbrica della famosa birra irlandese che porta il suo nome. Scura, quasi rosso rubino, dalla schiuma bianca e compatta e da un distintivo gusto amarognolo. Simbolo dell’Irlanda, è ovunque riconoscibile dall’L’arpa di Brian Boru che fu  scelta nel 1862  come marchio elemento costante nella comunicazione: gran parte della sua fama è dovuta ad una serie di pubblicità create da John Gilroy tra il 1930 e il 1940: celebri sono le campagne con gli animali entrate direttamente nell’iconografia e nella storia della pubblicità.

guinness3Anche uno dei  migliori spot di tutti i tempi è della Guinnress. Si tratta di quello del 1999 accompagnato dallo slogan “Le cose buone arrivano per chi sa aspettare” che mostra un surfista in attesa dell’onda migliore della sua vita, prodotto dall’agenzia pubblicitaria Abbott Mead Vickers BBDO.    Degli ultimi anni ricordiamo quello che è considerato un modello esemplare di pubblicità con tre uomini al bar che degustano una Guinness e attraverso una specie di inversione temporale tornano indietro fino alla preistoria. Era il 1995. Mentre nel 2007, è una comunità in Argentina a essere coinvolta da una reazione a catena di oggetti,a partire da un tavolo da domino, in caduta per le strade del villaggio sulla scia dell’annuncio “Tipping Point”. Nell’immagine finale 10.000 libri accatastati aprono le pagine dando forma a una gigantesca “pinta” di Guinnes.

guinness 2E’ del 2009 lo spot che in Italia è stato censurato e mai andato in onda: giocato sui doppi sensi e sull’ironia, ha scatenato polemiche e riaperto la questione della donna – oggetto.

guinness 4

Al di là delle diverse letture, dal punto di vista dell’obiettivo di comunicazioone direi che sia efficace. Guinness è una birra dal gusto forte e deciso, scelta per lo più da un target maschile e così amata da non perdere l’occasione di sorseggiarla in nessun momento.                    E arriviamo fino ad oggi, all’ultimo spot Guinness:

Antico villaggio irlandese. Un orologio modifica il tempo. Prima accelera per aiutare un calzolaio con il suo carico di lavoro, poi torna indietro per dare al fabbro una seconda possibilità di salvare i suoi locali e infine sospende per il tempo per far godere alla gente il magico momento in cui l’esercito ritorna a casa. Diretto da Peter Thwaites per Gorgeous, riprende il concetto di Made in More dello spot di qualche mese fa “Cloud” in cui una nuvola coraggiosa si metteva alla prova affrontando un lungo viaggio.

Guinnes 1

Dal tempo metereologico passiamo al tempo cronologico. Protagonista é stavolta un orologio diverso da tutti gli altri’:manda avanti il tempo, lo riporta indietro o lo cristallizza. Gli abitanti possono vivere davvero a pieno la vita, godendo di ogni istante.       Obiettivo principale della comunicazione del brand  è sottolineare la non conformità del suo prodotto e dei suoi consumatori e lo fa ancor più attraverso la voce narrante:      “Do we strive to be ordinary or do we strive to be made of more?” (ci battiamo per essere ordinari, o lottiamo per essere fatti di qualcosa di più?).

ECOMONDO 2012 A Rimini la competitività è tra imprese green

Eco-innovazione, risparmio energetico e fonti rinnovabili rappresentano un atteggiamento di vita e sviluppo, l’unico possibile e da perseguire. L’Italia non è ancora un Paese sostenibile ma un evento di questi giorni mi fa ben sperare, soprattutto che l’interesse intorno a queste tematiche cresca.

Mi riferisco ad Ecomondo 2012 in programma dal 7 al 10 novenbre a Rimini: una fiera della sostenibilità e dell’ecocompatibilità. Ecomondo è un punto di riferimento per imprese italiane ed estere che credono nel rispetto dell’ambiente come elemento di forza di fronte alla competitività del mercato.Tantissime le aziende che hanno aderito, che avranno modo di mettere in mostra i loro macchinari e progetti innovativi, come molti saranno i visitatori che potranno soddisfare tutte le attese riguardo ad un mondo green. La fiera dedica spazio soprattutto alla gestione dei rifiuti (anche quelli tossici e speciali) e al recupero dei materiali (ad es. il ferro), infatti sono esposti diversi macchinari per trattare ogni tipo di spazzatura. Grande attenzione è riservata alle bioplastiche biodegradabili e compostabili certificate CIC.

Ecomondo inaugura anche il più grande impianto fotovoltaico d’Italia, installato su una superficie di 100.000 mq di copertura dei padiglioni con 33.296 pannelli fotovoltaici in silicio amorfo. Così Rimini Fiera diventa il primo quartiere autosufficiente per quanto riguarda il fabbisogno di energia elettrica. L’iniziativa “Città Sostenibile” propone diversi progetti che diano forma a un sistema a cui tutte le reti possano contribuire, così che le città migliorino a livello sociale, economico e ambientalanto da diventare “cittàintelligenti”.         Da non perdere i nuovi sistemi di raccolta differenziata presentati da Euroven come il Green totem. E’ uno strumento che sfrutta il sistema wi-fi per la connessione a Internet ed è stato realizzato con plastica riciclata: riduce il volume dei rifiuti e l’emissione di anidride carbonica.

Sono stati invitati oltre 250 buyer provenienti dall’Est Europa, Bacino del Mediterraneo, Nord Africa e Brasile. Per chiunque voglia maggiori informazioni vi segnalo questo link http://www.ecomondo.com/                                                                                                                    E vi ricordo che gli orari di apertura della fiera, per quanto riguarda gli espositori e gli operatori professionali, sono tutti i giorni dalle 9 alle 18 e il sabato fino alle 17. L’ingresso alla manifestazione avviene o su invito o a pagamento. Ilbiglietto intero costa 15 euro, quello ridotto 5 euro e l’abbonamento per due giorni ha un prezzo di 25 euro.

Non mi resta che augurarvi di contribuire, ognuno nel suo piccolo, ad assumere comportamenti in linea con il risparmio energetico, la raccolta differenziata e la predilezione per sistemi ecologici.

DENTRO UN VIAGGIO

Con questo racconto ho partecipato al Concorso Montesilvano scrive 2012. Rientrato tra i primi 50, oggi non compare tra i 24 finalisti. Posso però condividerlo con voi che seguite il blog. Buona lettura!

C’è un’energia dentro ognuno di noi, che nasce e cresce, si alimenta di tutto ciò che è fuori, che è oltre noi stessi.                                                                                                            Ha bisogno degli altri, di ulteriori visioni, sensazioni e scambi.                                           Una sete, una fame, desiderio.

Gaia la sentiva muoversi e agitarsi. Quella forza voleva esprimersi, prenderla per mano e renderla compagna di viaggio.                                                                                             Era la Conoscenza.                                                                                                              Era la voglia di scoprire e spostarsi.                                                                                    Sta volta però si presentava in un momento in cui Gaia avrebbe solo voluto allontanarsi da tutti. La fuga.                                                                                                                         Ma anche la fuga restò affascinata dallo spirito della Conoscenza, la vedeva come possibilità più vicina per perdersi nel mondo.                                                                        La valigia aperta nella stanza in disordine, gli abiti sparsi sul letto. I raggi di quel caldo pomeriggio estivo colpivano gli oggetti conferendo ad ognuno un’aura particolare.                 Uno dopo l’altro, Gaia selezionò e infilò i vestiti da portare nella valigia, segnata dai vari spostamenti di una vita. C’era ancora attaccato il cartellino dell’ultimo aeroporto in cui era passata, lo strappò e lo fece cadere sul pavimento.

La valigia è dentro di noi.                                                                                                         Il viaggio è dentro di noi.                                                                                                Scegliere di farlo da soli poi, ha tutto un altro sapore.

Gaia amava quell’adrenalina che saliva poco prima della partenza, curiosità mista a paura. Le gambe che tremano come quelle di un acrobata, consapevole della difficoltà in cui si trova ma anche dell’eccezionalità della sua prova.                                                                   La soddisfazione del mettersi in gioco vince su tutto.                                                                Se poi ce la fai, il calore che abbraccia l’anima è qualcosa di inspiegabile.                              La solitudine.                                                                                                                             Gaia non la temeva, in quel momento addirittura la cercava, ne sentiva l’esigenza.                 Sola aveva affrontato sempre ogni cosa. Ce l’avrebbe fatta anche sta volta.                           Anzi, come sempre avrebbe trovato degli ottimi compagni d’avventura.                                  Perché non esiste un vero viaggio in solitaria.                                                             

Lingue, culture, abitudini diverse si sarebbero mischiate alle sue, per qualche tempo le avrebbe condivise, studiate, scelte e fatte proprie. Quanti volti incrociati in viaggio sarebbero diventati speciali.                                                                                                      Amici che, per le solite stranezze della vita, avrebbero messo meno tempo di quelli che conosceva da anni, a conquistarsi la a maiuscola.

Non si è mai da soli in viaggio.

Il primo compagno è lo spazio, la realtà intorno, con i suoi colori, profumi e gusti.                  Il cibo. Esso è una delle prime cose che si cerca. Un mondo da scoprire, naturalmente quello del posto. Gaia sapeva che al di là dei confini italiani, l’unico imperativo era sperimenta, e per il cibo valeva ancora di più.

Viaggiare per terre infinite, negli occhi della gente, nelle case sconosciute, tra sorrisi e incoraggiamenti stranieri e nello stesso tempo così familiari, è un viaggio negli altri, è un viaggio dentro se stessi. Perché sono proprio gli altri a permetterci di scoprire parti di noi nuove o dimenticate.

La città che ti accoglie è come una persona, diffidente o estremamente coinvolgente.

Gaia salì sulla torre di Carfax, scalino dopo scalino arrivò in cima e la veduta di tutta la città non la lasciò indifferente. Mentre il vento le scompigliava le ciocche bionde, i suoi occhi cercavano di catturare tutti i particolari.                                                                          Oxford era il gotico all’estremo, potrebbe esprimere la parte più scura di ognuno di noi.    Era il buio dell’anima che vaga come un fantasma che ha perso la sua persona, che ha perso chi ama.                                                                                                                           Era il cielo grigio, plumbeo che solo talvolta vede affacciarsi su di esso il sole.                       Oxford era come una poesia che si ha dentro, come la lacrima non espressa.                        Oxford era la ricerca tra le guglie, i campanili, i portici, i vicoli, era la ricerca della propria strada, quella che in realtà tentava di mostrarsi da tempo.                                                       Oxford doveva essere la fuga, la rottura, un momento solo suo invece era riappropriazione. Un posto così triste per certi aspetti, così oscuro che non concedeva consolazione, anzi a volte spaventava Gaia. Le faceva desiderare l’abbraccio del sole, non della neve.

Gaia cercava il fondo, l’estremo, la solitudine reale ed era questa, ce l’aveva.

Aveva bisogno di una tale situazione per riscoprirsi, per capire quanto ancora di vivo ci fosse per lei, per conoscere le sue capacità.

Era importante per continuare il viaggio più importante, quello della vita.

Non era semplice perché in cima alla torre di Carfax aveva sentito di nuovo quella sensazione di non appartenenza, non mancanza di niente e di nessuno.

C’era ancora da scavare in quel vuoto, c’era ancora tanto da cercare o forse, solo percepirlo, con la consapevolezza che ci sarebbe stato sempre.                                         Ma c’era anche altro…

Il viaggio si compie in un altrove, in posti che non si conoscono come in noi stessi.

Dentro un viaggio c’è tutto ciò che già conosci, misto a infinite possibilità che queste hanno di darsi.                                                                                                                            Dentro un viaggio c’è l’esperienza, il valore supremo della vita.

Nuova campagna IKEA “Basta poco per cambiare”

La città si sveglia alle luci di un nuovo giorno, la città prende vita sotto la spinta di un forte desiderio: cambiare.

Sulle note della canzone To build a home della Cinematic Orchestra la voce e gli occhi di una donna annunciano che è arrivato il momento di dire basta, la seguono bambini, una signora anziana, giovani amici, una coppia gay e vicini di casa sui balconi che, respirando un’aria nuova che parte da dentro se stessi, compiono una prima azione che segni il cambiamento.

Sono tutti diversi tra loro e nello stesso accumunati da questa voglia e dalla scelta di un prodotto Ikea.

http://www.youtube.com/watch?v=YYKXXZLucSk

 Il brand svedese infatti, ha sempre dichiarato che il suo obiettivo è Creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza della gente e con la nuova campagna on air in questo settembre 2012, entra nelle case di clienti fidelizzati, le arricchisce di nuovi colori e offerte. Tende la mano a nuovi clienti attraverso lo slogan “basta poco per cambiare”, si offre come partner nella scelta di intraprendere una svolta, con poche e semplici azioni.

Fantasia, leggerezza, piacere, autenticità, socializzazione, apertura…

Con il nuovo spot, realizzato dall’agenzia 1861united, Ikea propone la sua filosofia, intende trasmettere positività e comunicare un messaggio di sollecitazione: la volontà di cambiare non può cessare di esistere, anche con risorse limitate.

Ed Ikea, nel suo settore, propone soluzioni adatte a tutte le esigenze e per tutti. Ha dimostrato come sia possibile avere prodotti di design e funzionali  a prezzi vantaggiosi.      Il nuovo catalogo 2013 è disponibile on-line e lo spot è in Rete sulla nuova  piattaforma  www.spazioalcambiamento.it

Ikea basa da sempre la sua immagine e comunicazione sulla vicinanza alle persone, ai loro desideri ed esigenze e lo fa entrando nelle loro casa, nei luoghi della condivisione e dell’esperienza di ogni piccolo momento di vita.                                                                     E affinché ogni momento sia  speciale ed abbia il sapore della familiarità basta ci sia un prodotto Ikea, scelto e montato con dedizione da soli… basta davvero poco per sentirsi a casa, per sentirsi una famiglia, per godere della condivisione di un luogo, di un oggetto … il tutto intorno a stessi valori, ad uno stesso sentire. 

Il pay off è Ikea-spazio alla vita e racchiude tutto l’universo del mondo Ikea, elemento distintivo dell’azienda, l’accompagna da sempre e continuerà sostenendo le iniziative di successo di questo brand.

 

 

LO SPECCHIO DELLA VERITA’ NASCOSTA seconda parte

Ma Zoe voleva vincere. Non aveva mai sopportato le sconfitte. Non l’avrebbe più evitata. Da quella mattina si concedeva ogni volta del tempo per sfidare quella figura.                    Non la temeva nello specchio del suo bagno, né in quello delle vetrine, né in quello sulla parete del suo bar preferito, né in quello del corridoio di casa di sua cugina. Neppure in quello dei bagni pubblici, stazione, aeroporti, uffici, ascensore… Tutto questo era una persecuzione. E poi quegli incubi non avevano smesso di manifestarsi.

Lo specchio era un confine. Limite tra il mondo di qua e quello di là.                                       Tra presente-passato- futuro.                 Confine spazio-temporale.                          Dove si trovava quella Zoe?                          Zoe non lo sapeva ma era intenta a scoprirlo. La sua tela nel frattempo si era arricchita di simboli e le sensazioni che Zoe provava quando li disegnava erano di paura, ribrezzo ma anche forte energia. Un’energia che non portava con sé nulla di buono.                      Zoe girava intorno alla tela, illuminata da una lampada. Era buio nella stanza.                       Si sentì invadere da un vortice, si accasciò per terra. Spalancò gli occhi. Ricordava.            Il vento di una tempesta faceva sbattere le finestre della casa, Zoe era raggomitolata in un angolo della cucina, si stringeva il vestito di lino bianco che le aveva cucito la mamma.      La mamma le aveva detto di andare in camera, di chiudersi dentro. Zoe però, spaventata non era riuscita a fare le scale, così appena aveva notato quello spazio tra la parete e il mobile in cucina, si era nascosta lì. La sua mamma urlava.                                                    Il vento soffiava con violenza.  Zoe voleva chiamare aiuto, chiamare il suo papà, ma non era lì. Non c’era nessuno nelle vicinanze. Ad un certo punto non sentì più niente.         Tremante si alzò e si avviò verso il salone, vide sua mamma legata, immobile per terra.   Era viva. E quell’uomo che di spalle rovistava nell’armadio. La cassaforte, che era stata sempre nascosta da uno specchio, aperta, svuotata.                                                         Zoe passò accanto al camino, afferrò uno degli accessori per la legna e lo strinse forte.    La madre la guardava con apprensione. L’uomo era ancora di spalle. Zoe lo avvicinò, alzò il braccio e colpì sulla schiena. Quello ebbe un sussulto e urlò e nello stesso tempo in cui si voltò, Zoe scagliò un altro colpo sulla faccia e un altro ancora, ancora. Lui tentò di afferrarla ma non ci riusciva, barcollava e lei infieriva senza sosta, senza controllo.                     Schizzi di sangue, tagli, rigonfiamenti, quel volto stava cambiando forma. Cadde a terra. Zoe aiutò la madre a rialzarsi. La donna afferrò l’oggetto, si chinò sul corpo dell’uomo, voleva assicurarsi che fosse ormai innocuo, stava per colpirlo… quando notò che perdeva sangue da un orecchio.                                                                                                       Zoe aveva ricordato. Si sollevò, andò in bagno. Si guardò nello specchio, pensò al giorno del suo decimo compleanno, pensò al suo abito bianco macchiato di sangue, pensò a sua madre. Aveva rimosso tutto. Ricordava di quel ladro, che si era nascosta e che poi sua madre aveva raccontato di essersi difesa. Tutti avevano creduto alla sua versione.          Era Zoe quella nello specchio. Era lei l’assassina.                                                              Era l’energia della morte quella che percepiva. Si era riconosciuta.                         L’opposizione la caratterizzava ancora.                                                                               Forse, era giunto il momento di scegliere. Angelo della vita o angelo della morte?       Chissà come sarebbero stati i prossimi risvegli, sotto la luce soffusa del sole oltre la finestra, tra particelle di polvere nell’aria, in un’atmosfera gelida e dolce…