Ligabue … sempre sulla sua strada

“Nelle mie canzoni ho sempre parlato dei fatti miei, comprese questioni personalissime come la morte di mio padre. Per un timido, questo implica uno sforzo tremendo.” (Ligabue)

È dai timidi che spesso emerge più energia rispetto ad altri nell’urlare, sussurrare ed esprimere quello che si ha dentro. È dai timidi che meno te l’aspetti e più ti arriva dritto al cuore il messaggio. Forse, perché certe persone sono maggiormente ispirate, sensibili tanto nel trattenere e assorbire quanto nel condividere.                                                      Ed è ciò che in modo particolare avviene ascoltando la musica di Ligabue. Sarà per la sua voce unica, che ti graffia e nello stesso tempo ti accarezza, sarà per quei suoni rock e duri che si allineano alla rabbia, al dolore e anche alla speranza che in fondo anche tu hai dentro. Perché la sua forza, il suo successo nei confronti del pubblico credo sia in questo: sentire quello che tutti sentono, nel dire parole che tanti direbbero ma non trovano, nella possibilità di riconoscere almeno un momento della propria vita in un colpo di batteria che distingui più forte degli altri mentre lo ascolti.

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Suono, voce e passione sono gli elementi chiave di Ligabue. Ancora di più nel suo decimo album “Mondovisione”, uscito il 26 novembre scorso.                                           È attraverso queste forme di espressività che l’artista questa volta pone meno freni nel manifestare le sue emozioni, diverse tra loro e percepibili in ognuna delle 12 canzoni e dei due brani strumentali che compongono l’album.

Sfumature di parole, toni e sonorità.                                                                         Contraddizioni.                                                                                                                Verità.                                                                                                                                Questo è “Mondovisione”.

“Mondovisione” è forse il suo lavoro più intimo e personale, un po’ lontano dal Ligabue ai quali tutti sono più legati, ma proprio per questo è un atto di fede nei confronti di chi lo ascolta. Perché un artista non mente, tiene fede alla regola dell’essere vero e vuol dire che in questo momento della sua vita, lui si sente così, si sente di non trattenerla l’indignazione, di non contenere una certa cupezza e nello stesso tempo di mantenere fede alla sua idea di autodeterminazione. Sì, perché in mezzo a tutto quello che ci indigna niente può cambiare le cose se non la nostra azione, se non i nostri sogni.

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La Terra accartocciata come una palla di carta, con intorno un pentagramma simile agli anelli di Saturno su cui si regge la scritta “Mondovisione” con i caratteri di quella di Carosello è l’immagine di copertina dell’album. Leggo il titolo secondo due chiavi di lettura: nell’epoca dei social media siamo tutti in mondovisione e nello stesso tempo siamo di fronte ad una visione del mondo, quella del cantautore che dice la sua sul potere, sul fatto che oggi siamo tutti collegati e sul sentimento d’amore.

“Sotto gli occhi da sempre distratti del mondo sotto i colpi di spugna di una democrazia c’è chi visse sperando e chi disperando e c’è chi visse comunque morendo c’è chi riesce a dormire comunque sia andata comunque sia”.

Il muro del suono e Il sale della Terra sono i brani in cui l’indignazione e la rabbia non si nascondono, la crisi di cui parla non è tanto quella economica ma sociale e di comportamento. Il potere è l’elemento centrale, da conquistare e conservare, con il carico di conseguenze che si porta dietro.                                                                               Siamo chi siamo parla alla parte più interiore di ognuno, a quella sensazione che un senso dev’esserci se tra tante possibilità assumiamo quella e quell’unica forma e sulla stessa scia di sensibilità, collocherei Ciò che rimane di noi, brano che si regge sulla certezza che “Però alla fine di questo dolore sarà per sempre alla luce del sole ciò che rimane di noi”.                                                                                                                         E poi l’amore, Ligabue lo canta a cuore aperto, ricordando quello puro per i genitori in Per sempre, canzone che si sfoglia come un album di fotografie tra immagini che sono quelle della sua vita ma che poi si sovrappongono a quelle dei ricordi di chiunque l’ascolti.

“…per sempre, solo per sempre, cosa sarà mai portarvi dentro solo tutto il tempo per sempre solo per sempre c’è un istante che rimane lì piantato eternamente…”

L’amore per una donna, per quella che ha deciso di sposare dopo 11 anni e dopo un precedente divorzio. In Tu sei lei Ligabue si concede una dichiarazione d’amore di tipo definitivo, oltre la consapevolezza come dice lui che nella vita non c’è mai nulla di definitivo ma se arrivi a voler passare tutta la tua vita con quella persona, ci vai vicino… E se a questo è arrivato lui, Il volume delle tue bugie si rivolge proprio a tutti coloro che hanno deciso di non amare più, di difendersi dai sentimenti. “E continui a dire al mondo che le cose sono chiare ce la fanno solo i duri, che chi spera si fa male e tu oramai sei dura dentro molto più di quel che basta, non ti possono far niente niente amore niente guasti”.     Mentre riprende il titolo del romanzo del 2004  La neve se ne frega: la neve rende tutto più pulito, più chiaro, più morbido come nel momento in cui ci si guarda negli occhi.

“…parlami davvero dentro questo gelo sentimi davvero che non fa più buio baciami davvero che non casca mica tutto il cielo che ci stiamo ancora sotto insieme…”

La terra trema amore mio è invece dedicata al ricordo del terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012 e all’importanza di una ricostruzione esistenziale di chi ha vissuto quel dramma. Con la scusa del rock’n ‘roll Ligabue racconta il ruolo della musica nella sua vita e come grazie al rock’n’roll abbia detto cose che altrimenti non avrebbe detto e fatto.

Anche se questo è il disco più rabbioso, il messaggio di speranza c’è ed è quello che Ligabue ha sempre lasciato comunque, come nell’album precedente con “Il meglio deve ancora venire”. In Mondovisione passa attraverso Sono sempre i sogni a dare forma al mondo e ci credo, quando dice che è molto più difficile spingere al coraggio. Ma il ruolo dell’artista è anche questo, come quello di un amico: intravedere una strada da seguire e la tua determinazione anche quando te ne dimentichi.

Per quanto riguarda i pezzi strumentali, Capo Spartivento omaggia il luogo fisico dove il disco è stato ideato mentre Il suono, il brutto e il cattivo ripropone in chiave western la linea musicale del brano d’apertura.

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Immagini suggestive ben sposate con le parole e la sua stessa voce: Ligabue è anche scrittore, regista e sceneggiatore, ecco come la sua musica riesce ad essere tanto comunicativa. Attingere a diverse arti è un punto di forza inevitabilmente. Tra arrangiamenti suggestivi e ritmi più intimisti, rispetto alle chitarre e ai suoni duri tipici della musica del cantautore di Correggio, sono questi brani, dei quali è davvero difficile sceglierne uno solo in particolare, di “Mondovisione”. Sono queste le frasi e le sensazioni della sua nuova esperienza, di questo suo nuovo viaggio, prima di tutto dentro se stesso e poi sulla strada che chi ascolterà farà propria.

 

Miss Rettore non cade

Ecletica.

Diretta.

Senza peli sulla lingua.

Questo è tanto altro è Miss Rettore. Eh sì, perché non chiamatela Donatella. Ce ne sono tante. Di Rettore solo una.

Non capisco perché tutti quanti continuano insistentemente a chiamarmi Donatella ho ho ho bella!

Artista accattivante, ironica, trasgressiva.

Splendido Splendente.

Kobra.

Lamette.

Le ho canticchiate e ballate più di una volta, come fossero impresse nella memoria in modo automatico, da sempre.

L’ho ascoltata in qualche intervista, scrutata in video degli anni ‘80 della nostra tv e mi ha sempre fatto esclamare “Questa mi piace!”

E poi… eccola davanti al me sul palco dal vivo per il suo Caduta Massi summer tour.

Davanti non aveva un mega pubblico, si è esibita nel mio piccolo paese eppure è stata perfetta, dalla voce energica e potente come in uno sfogo per l’esibizione che vale una carriera.

E credo che da questo si riconosca una vera artista.

 Uno dopo l’altro ha proposto i brani del nuovo album Caduta Massi, un titolo non a caso per il periodo in cui viviamo, pieno di cadute.

Caduta del desiderio.

Caduta dei valori.

Difficoltà nella comunicazione.

Caduta massi.

Un avviso di pericolo.

Caduta verso il vuoto…

Caduta massi è una canzone incisiva e potente, il soggetto è il Viagra e poi lascia spazio a frasi autobiografiche come sono in caduta libera senza nessuna rete…

 Il ritmo si fa ancora più potente e incalzante con Chi tocca i fili muore , dove inizia giocando  con la voce su suoni elettronici, per poi decollare insieme alla batteria. Cosa ci faccio qui? Con questa voglia di arrivare ma sono troppo pigra per cambiare… non voglio stare qui a guardare ho tanti muri da imbrattare e frasi da gridare

Ghepardo è l’espressione pura della visione che Rettore ha dell’amore, un appello per uomo che non lo sia solo a metà. Ho bisogno di qualcuno che mi lavi la schiena, ho bisogno di qualcosa che ne valga la pena, ho bisogno di chiunque abbia un cuore leggero/ in questi tempi di volgarità anche la vita è veleno, io ti ringrazio perché resti qua e di non essere solo un uomo a metà.

Anticipatrice di mode e tendenze.

Eccentrica.

Poetica ed il pezzo più dolce è L’onda del mare. L’ond adel mar, l’estate va e io lo so ritornerà esotica mi vestirò di luci e ombre…

Mentre Se morirò rappresenta un testamento ideale, coerente con la sua persona. Se morirò, morirò con il trucco. Ci sarà il mare in burrasca e avrò tre soldi in tasca, uno per Caronte, uno per Dante e l’altro per la messa. Con i miei antenati pronti a farmi festa.

A questi nuovi brani ed altri si sono alternati i più noti, riportando in superficie elementi centrali dei suoi testi, da sempre forse, apparentemente disimpegnati e ironici. Invece, Rettore è sempre stata ed è tutt’altro che una cantautrice disimpegnata. Fin dagli esordi a scritto canzoni intrise di riferimenti politici, di denuncia sociale.

Splendido Splendente tratta dell’identità sessuale e della chirurgia plastica, in un’epoca in cui ancora se ne parlava poco. Splendido splendente come sono affascinante faccio cerchi con la mente mi distinguo tra la gente grazie a un bisturi tagliente…

Kobra gioca su un doppio senso abilmente celato e una sensualità presente prima di tutto nella musica. Il cobra non è un serpente ma un pensiero frequente che diventa indecente
quando vedo/ si gira e m’inchioda mi chiude la bocca ma stringe, mi tocca oh oh il cobra ah!

Lamette è il singolo di maggiore successo, quello che ancora ti ritrovi a ballare ovunque per caso. Sdrammatizza il tema del suicidio, con ironia e una musica ritmata. Dammi una lametta che mi taglio le vene ploloploploploploploplo diventa bieca questa notte da falene ploloploploploploploplo promette bene si promette tanto bene…

E poi Kamikaze rock’n roll suicide che tratta il tema della guerra, dell’azione suicida dei kamikaze nipponici. La Rettore sventola la bandiera giapponese, fulcro iconico di una cultura alla quale ha sempre dedicato attenzione.

Nel tour è accompagnata dal giovane cantante rap Nottini Lemon, che in tempi di Reality ha la fortuna di fare la gavetta al fianco di una artista che dà loro una possibilità, dura ma forse più concreta.

Miss Rettore è un icona non solo di un periodo particolare del nostro Paese, ma soprattutto del coraggio di  andare oltre le regole, le convenzioni.

Icona del rifiuto dell’omologazione.

Icona della volontà di affrontare tematiche tabù.

Miss Rettore è questo e tanto altro, che resta custodito e pronto a mostrarsi quando meno te lo aspetti da dietro quegli occhi magnetici.

E’ il mio primo post sul blog dedicato alla musica, ho provato a scriverne. Ma quello che più di altro spero di aver trasmesso è l’energia che a me è arrivata da lei, la voglia di ascoltarla. Il desiderio di conosce meglio questa artista che mischia ironia, intelligenza e riflessione in un rock senza tempo. E poi, lo confesso, sono sempre dalla parte dei personaggi meno convenzionali.

Quelli che senza peli sulla lingua alzano il velo che cela le ipocrisie, ciò che è comodo.

Quelli che ami o odi e questo vuol dire che trasmettono qualcosa. Quindi, in un modo o nell’altro vincenti.

Quelli che hanno il dono di una geniale follia, che fanno il botto, poi cadono, scompaio e ritornano. Sempre.