“È davvero sorprendente che dopo cinquantamila anni la Vera Gente non abbia distrutto le foreste, inquinato i corsi d’acqua, messo in pericolo alcuna specie vivente e causato alcuna contaminazione, senza restare mai a corto di cibo e riparo. Hanno riso molto e pianto pochissimo. Vivono un’esistenza lunga, produttiva e sana e la abbandonano pieni di fiducia”.
Questa citazione costituisce il cuore dell’ultimo libro che ho letto “La chiamavano due cuori” di Marlo Morgan, scrittrice americana che dopo aver passato un periodo della sua vita con una tribù di aborigeni australiani ha deciso di raccontare la sua esperienza più forte. Un’esperienza forte è quella che ti sorprende nel bene e nel male, che ti cambia, ti migliora e ti conduce alla scoperta di te stessa attraverso la scoperta degli altri.
La Vera Gente, come si definisce la tribù con cui ha vissuto, rappresenta l’altro, il diverso, la minoranza di una grande nazione come l’Australia. La Vera Gente è l’altro che custodisce segreti e soluzioni che noi non accettiamo o non vogliamo considerare. Eppure, come si evince dalla citazione riportata e dal libro, se tutti seguissimo il loro stile di vita anche solo in parte sarebbe possibile un mondo sano. Sano significa alimentato da un’armonia tra la natura e gli esseri viventi tutti, compresi gli umani. E’ vero, la Vera Gente è felice, non si ammala come noi, non reca danno alla natura e riescono ad avere tutto ciò di cui hanno bisogno. I bisogni sono gli stessi che noi ricerchiamo perdendoci però, invischiandoci in meccanismi lontani dal senso della vita.
L’autrice passa con la Vera Gente quattro mesi, nella foresta, a piedi nudi, a contatto con la terra e con quello che essa offre, acqua, animali, cibo o senza, perché la terra toglie anche nei periodi di assenza e allora bisogna sviluppare il senso dell’attesa e della ricerca oculata di ciò che soddisferà il bisogno.
“I miei nuovi amici mi prendevano così com’ero, mi facevano sentire dei loro, unica e meravigliosa. Stavo imparando a capire quello che si prova quando si è accettati senza condizioni né riserve”.
Ecco, la Morgan riscopre prima di tutto se stessa. Si accetta perché accettata, guardata da occhi che percepiscono il suo cuore, la sua anima. Quel rapporto essenziale che la Vera Gente le dimostra tra sentimenti, emozioni e salute.
“Questa gente crede che tutto sul pianeta esiste per una ragione precisa, uno scopo. Nulla è casuale, privo di senso o sbagliato”. E c’è una ragione perché Morgan si ritrova catapultata con loro, se il viaggio in Australia per ricevere un premio nel campo della medicina in cui lavora si trasforma in un viaggio alla comprensione di ciò che significa esistere.
“La chiamavano due cuori” non è un libro che si può raccontare, è un libro da vivere, da leggere assaporando più che la trama della vicenda gli spunti, gli insegnamenti, gli esempi e scegliendo di andare oltre, cambiando un po’ le nostre abitudini semplicemente per stare bene ed essere più felici.