Dire. Non dire.

sussurrareDire. Non dire.

Pensare. Scordare.

Custodire. Gettare.

Esiste una linea sfumata lunga la quale camminiamo ogni giorno.

Capita che vi corriamo, saltiamo, ci dondoliamo in attesa della scelta. Da che parte stare?

Forse, è più comodo restare sulla linea. Eppure, anche su essa le cose non sono chiare, non ha limiti definiti, non rassicura e se lo fa è un inganno. L’illusione dello stare. Nello star fermi c’è solo l’agiatezza della bugia di essere più lontani dalla paura.

Quante parole restano nella nostra mente, si sedimentano mentre sprechiamo giorni a temporeggiare, a decidere che fine far fare loro. Gridarle, sussurrarle o cancellarle in una rinuncia?

Potremmo scriverle. A me è capitato. Più di una volta, non sapevo dove metterle ma neppure riuscivo a eliminarle, non potevo raccontarle né dirle a chi avrei voluto. Allora, ho deciso. Le ho buttate giù non di getto, ma con calma e ponderazione, insieme al ricordo di un giorno da non dimenticare.  Quel ricordo e le parole ad esso legate le ho spostate dalla testa a quella pagina. Mi sono detta che era un modo per esserne libera senza la violenza della rimozione. So che sono là e se vorrò, posso ripercorrerle. La mente ne è libera e ha ripreso a respirare.

Quante parole non si possono scrivere invece, non si posso dare in suono, perché sono indefinite emozioni. E un’emozione, bella o brutta, fa fatica ad assumere una forma. Magari, preferisce quella dei gesti e degli sguardi, ma non quella delle parole. Ed ecco, i comportamenti incontrollati.  Dire o non dire in questo caso è  qualcosa di complesso.

Il tempo. Con il tempo, mentre mi arrabbio e mi calmo, rido e sbraito, stando sulla linea, mi dico che sceglierò. Ma alla fine, la stessa linea si stancherà di me e mi getterà di qua o di là. Probabile. Con il rischio di cadere dalla parte sbagliata e accorgermene a discesa conclusa.

Io non so. Ma un’idea ce l’ho. Uomini e donne dovrebbero essere sempre ciò che sentono anche con le parole. Dire o non dire… dire. Sì, ci sono cose che non si possono dire, un po’ come le bugie “bianche” (alle quali personalmente poco credo) ma sono per il dire. Sono per il far sapere, rendere noto e comunicare. Perché anch’io preferisco sapere. Uomini e donne dovrebbero sempre dirsi, anche ciò che fa paura, ferisce e non si è in grado di raccontare per vergogna o altro. Non si hanno infinite possibilità nella vita e non le hanno neppure le parole per uscire dalla nostra bocca.

Ho imparato però che sulle cose più belle dubbi non debbano essercene. Ho imparato che il ti voglio bene è l’unica cosa che va sempre detta. Io ho iniziato pochi anni fa, accorgendomi che non lo dicevo mai.

Non so nient’altro. E al di là della mia idea, io continuo spesso a restare sulla linea come tanti altri uomini e donne. La conseguenza delle parole che vivono in questo limbo non può essere peggiore di quella data dal loro stare nel limbo. Uomini e donne esplodete, siate logorroici, apritevi a bassa voce e donate queste parole che avete dentro ma non sono per voi.

Un’invasione “puffosa”

Ma oggi è la giornata mondiale dei Puffi?!!!!

Il blu che vedo oggi non è quello del mare, oltre le onde si perde a vista d’occhio un blu unico e inequivocabile, quello delle creature più simpatiche che hanno fatto compagnia alle generazioni degli anni ’80 e ’90.                                                                                 Questi strani ometti blu, che puffano  suppergiù due mele o poco più, hanno allietato anche i pomeriggi della mia infanzia e credo, anche quelli successivi…  chiunque ne conserva un ricordo speciale e sapere che oggi sono a Roma è una sorpresa speciale.

All’alba di questa mattina, la Capitale si è svegliata sotto la loro invasione,  che ha lasciato piccole tracce nei luoghi più popolari  e  affascinanti: Piazza di Spagna, Piazza Navona, Castel Sant’Angelo, Via della Conciliazione, via del Corso, Fontana di Trevi, Piazza Venezia e il Colosseo hanno preso il posto della loro foresta e rendendoli, per una volta, visibili a tutti. Un incontro con i puffi è infatti, un evento rarissimo se non impossibile.                                                                                                                           L’ occasione è quella dell’anniversario della nascita del loro creatore belga Peyo (Pierre Culliford, Bruxelles, 25 giugno 1928 – 24 dicembre 1992), festeggiata in tutto il mondo. Ad esempio, nella patria del loro papà, ieri a Bruxelles, sono approdati dei “puffambasciatori”. L’invasione dei puffi a Roma è anche una circostanza adatta a ricordare che dal 26 settembre I Puffi 2 in 3D, sarà al cinema distribuito da Warner Bros. Pictures Italia.

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Ho trovato un aneddoto interessante in merito alla nascita dei puffi: Il loro nome originale “Schtroumpfs” risale al  1958, durante una vacanza al mare, quando Peyo chiede ad un amico di passargli una saliera, della quale sul momento non gli sovviene il nome. “Passe-moi le… schtroumpf” (“Passami il… Puffo”), gli dice, e scoppia in una risata. L’amico scherzosamente risponde: “Ecco il tuo puffo. Quando avrai finito di puffare, ripuffalo al suo posto!”. Dopo aver usato scherzosamente questo termine assurdo più volte nella stessa giornata, Peyo decide di metterlo a frutto.                           Le prime sedici mini storie autonome firmate da Peyo presero il via nel ’59 su Le Journal de Spirou. Il debutto dei Puffi in Italia risale al 1962, quando la casa editrice milanese Dardo acquistò dall’editore Dupuis per tradurre ed adattare in Italia i diversi personaggi del fumetto franco-belga. Dal 1981, la NBC cominciò a trasmettere la serie animata prodotta da Hanna Barbera Productions che ottenne un enorme successo e i Puffi si assicurarono un posto nella cultura popolare americana.

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In Italia, i Puffi sono arrivati nel ’63 sulla rivista Tipitì e poi sul Corriere dei Piccoli e nel ’82 la serie animata fu trasmessa sulle reti locali. Dall’ ’82, Fininvest la acquistò e iniziò a trasmetterla su Canale5 e Italia1. Le sigle erano interpretate da Cristina D’Avena.          I Puffi vivono in un villaggio segreto nella foresta con case a forma di funghi e riproducono a grandi linee gli archetipi della gente comune e/o le professioni: Puffo Quattrocchi, Puffo Vanitoso, Puffo Pittore, passando per il Grande Puffo e l’unica femmina Puffetta. Nel 1965 uscì un film d’animazione in bianco e nero di 90 minuti, intitolato “Les Aventures des Schtroumpfs” (in italiano: “Le avventure dei Puffi”), nel 1976 fu realizzato “Il flauto a sei Puffi“, (“La Flûte à Six Schtroumpfs”) e nel 2011 è uscito nei cinema “I Puffi”, un film in tecnica mista a cavallo tra l’azione dal vivo e l’animazione digitale. Ed ora eccoci a “Puffi2” in 3D diretto da Raja Gosnell, che sarà al cinema dal 26 settembre: protagonisti ancora il malvagio stregone  Gargamella, la sua ostilità verso I Puffi e la sua sete di ottenere la magica essenza puffa.

Oltre lo scoglio mi è parso di vedere la terribile Birba, chissà che anche Gargamella non si presenti tra le rovine dei Fori imperiali… “per mille puffi!”